Laura Scotti
una vita per il volontariato
«Non voglio morire vecchia: ecco perché ho scelto di lavorare per i bambini di Ai.Bi.»
Pubblicitaria di successo, era stanca di scrivere spot per auto, e cercava di dare senso al proprio talento. Non sapeva che nell’ufficio stampa di Ai.Bi., che lei diresse per sei mesi, sarebbe iniziato l’ultimo capitolo della sua vita, il più intenso, il più felice. Ebbe modo di scrivere anche questo, Laura, nel report della sua ultima missione: «E’ un lavoro che mi affascina e mi rende felice. L’ho detto anche ieri sera alla mamma che affettuosamente mi rimproverava per averle detto che non potrò recarmi a Milano nel fine settimana, come le avevo promesso. Ma non potevo veramente rinunciare a questa missione. I bambini ci aspettano impazienti e quando ci vengono incontro gridando festosamente “Ai.Bi, Ai.Bi.!”, ci si rende conto che quello che stiamo facendo per essi è veramente importante». In altre occasioni scrisse: «Mai mi sono sentita immersa nel mondo come da quando lavoro qui. Posso toccare la vita, la osservo da vicino, partecipo in piccolo del destino di qualcuno, dei bambini».
Non lo poteva certo immaginare, quanto grande sarebbe stato il suo contributo. Il destino aveva riservato per lei, 36enne milanese, la possibilità di scrivere un pezzo di storia nel cuore d’Europa. Senza darle troppo tempo: 189 giorni appena. Non lo sapeva, ma forse se lo sentiva. Ricorda il collega Mario Garitta: «Era una tipica milanese. Andava, veniva, era sempre di corsa! Mi ricordo le sue battute, come quel giorno in cui di fronte a decine di ricevute, fatte di carta velina, poggiate sul tavolo, ridendo disse:- Che divertimento sarebbe portare qui un ventilatore e sparpagliare al vento il lavoro di mesi!».
Il destino l’ha fatto con lei. Non per disperdere, ma per diffondere il suo contributo alla storia e alla pace.
A lei, a Laura Scotti, sono oggi intitolate una scuola in Kosovo, a Grabovc, frequentata da centinaia di bambini e una Casa famiglia, a Gjakova, un’ora e mezza da Pristina, che accoglie cinque minori in difficoltà. Mentre sono tre gli ex bambini del 1999, ormai ragazzi, che hanno potuto studiare grazie alle borse di studio che la famiglia di Laura ha attivato. Tutta la storia di Laura è custodita in quattro faldoni, conservati con cura nella biblioteca di Mezzano. Ogni anno, riprenderli in mano, provoca in chi la conobbe la stessa commozione. In chi invece non l’ha conosciuta, sfogliare il suo carteggio significa trovare la ragione profonda del proprio stesso lavoro.
Sarebbe stata felice, Laura, di vedere la rabbiosa determinazione di tutti coloro che l’hanno amata e hanno superato con nuovi progetti il dolore di quell’assurdo venerdì 12 novembre 1999. Con lei altre 23 persone persero la vita nei cieli di Pristina. Oltre all’equipaggio, sull’aereo c’erano cooperanti italiani e stranieri di tante Ong. L’ Atr 42 della compagnia Sifly su cui viaggiavano era decollato da Roma Ciampino. A trenta chilometri dall’aeroporto di Pristina, urtò il monte Piceli, finendo in un campo minato. L’aereo esplose all’istante. Nessuno si salvò.
Quest’anno Laura Scotti avrebbe compiuto 50 anni, era nata il 12 dicembre del 1963. Resterà per sempre la 36enne dai capelli rossi che irrompeva nei campi gioco dei bambini, per chiamarli alla vita.
Ai bimbi kosovari, sopravvissuti alla guerra, voleva insegnare l’unico mestiere che un bambino deve imparare: giocare e ridere. Nel diario, di lei, giovane sposa, c’era scritto: «Bambini… forse se non li hai, li ami di più».
DA http://www.aibi.it/ita/laura-scotti-non-voglio-morire-vecchia-ecco-perche-ho-scelto-di-lavorare-per-i-bambini-di-ai-bi/
una vita per il volontariato
«Non voglio morire vecchia: ecco perché ho scelto di lavorare per i bambini di Ai.Bi.»
Pubblicitaria di successo, era stanca di scrivere spot per auto, e cercava di dare senso al proprio talento. Non sapeva che nell’ufficio stampa di Ai.Bi., che lei diresse per sei mesi, sarebbe iniziato l’ultimo capitolo della sua vita, il più intenso, il più felice. Ebbe modo di scrivere anche questo, Laura, nel report della sua ultima missione: «E’ un lavoro che mi affascina e mi rende felice. L’ho detto anche ieri sera alla mamma che affettuosamente mi rimproverava per averle detto che non potrò recarmi a Milano nel fine settimana, come le avevo promesso. Ma non potevo veramente rinunciare a questa missione. I bambini ci aspettano impazienti e quando ci vengono incontro gridando festosamente “Ai.Bi, Ai.Bi.!”, ci si rende conto che quello che stiamo facendo per essi è veramente importante». In altre occasioni scrisse: «Mai mi sono sentita immersa nel mondo come da quando lavoro qui. Posso toccare la vita, la osservo da vicino, partecipo in piccolo del destino di qualcuno, dei bambini».
Non lo poteva certo immaginare, quanto grande sarebbe stato il suo contributo. Il destino aveva riservato per lei, 36enne milanese, la possibilità di scrivere un pezzo di storia nel cuore d’Europa. Senza darle troppo tempo: 189 giorni appena. Non lo sapeva, ma forse se lo sentiva. Ricorda il collega Mario Garitta: «Era una tipica milanese. Andava, veniva, era sempre di corsa! Mi ricordo le sue battute, come quel giorno in cui di fronte a decine di ricevute, fatte di carta velina, poggiate sul tavolo, ridendo disse:- Che divertimento sarebbe portare qui un ventilatore e sparpagliare al vento il lavoro di mesi!».
Il destino l’ha fatto con lei. Non per disperdere, ma per diffondere il suo contributo alla storia e alla pace.
A lei, a Laura Scotti, sono oggi intitolate una scuola in Kosovo, a Grabovc, frequentata da centinaia di bambini e una Casa famiglia, a Gjakova, un’ora e mezza da Pristina, che accoglie cinque minori in difficoltà. Mentre sono tre gli ex bambini del 1999, ormai ragazzi, che hanno potuto studiare grazie alle borse di studio che la famiglia di Laura ha attivato. Tutta la storia di Laura è custodita in quattro faldoni, conservati con cura nella biblioteca di Mezzano. Ogni anno, riprenderli in mano, provoca in chi la conobbe la stessa commozione. In chi invece non l’ha conosciuta, sfogliare il suo carteggio significa trovare la ragione profonda del proprio stesso lavoro.
Sarebbe stata felice, Laura, di vedere la rabbiosa determinazione di tutti coloro che l’hanno amata e hanno superato con nuovi progetti il dolore di quell’assurdo venerdì 12 novembre 1999. Con lei altre 23 persone persero la vita nei cieli di Pristina. Oltre all’equipaggio, sull’aereo c’erano cooperanti italiani e stranieri di tante Ong. L’ Atr 42 della compagnia Sifly su cui viaggiavano era decollato da Roma Ciampino. A trenta chilometri dall’aeroporto di Pristina, urtò il monte Piceli, finendo in un campo minato. L’aereo esplose all’istante. Nessuno si salvò.
Quest’anno Laura Scotti avrebbe compiuto 50 anni, era nata il 12 dicembre del 1963. Resterà per sempre la 36enne dai capelli rossi che irrompeva nei campi gioco dei bambini, per chiamarli alla vita.
Ai bimbi kosovari, sopravvissuti alla guerra, voleva insegnare l’unico mestiere che un bambino deve imparare: giocare e ridere. Nel diario, di lei, giovane sposa, c’era scritto: «Bambini… forse se non li hai, li ami di più».
DA http://www.aibi.it/ita/laura-scotti-non-voglio-morire-vecchia-ecco-perche-ho-scelto-di-lavorare-per-i-bambini-di-ai-bi/